Punti chiave
- Padre Alphonsus Afina è stato rapito da Boko Haram e ha vissuto 51 giorni di violenze e privazioni, trovando forza solo nella preghiera e nella solidarietà dei fedeli.
- Dopo la sua liberazione, altre comunità cristiane in Nigeria hanno subito nuovi massacri, in particolare nello Stato di Benue, dove villaggi interi sono stati devastati e centinaia di persone uccise.
- Le violenze dei pastori Fulani non sono solo legate a motivi economici e politici, ma colpiscono in modo sistematico la Chiesa, distruggendo comunità e costringendo i fedeli a fuggire.
- Nonostante il dolore e la paura, i sacerdoti e le comunità cristiane continuano a testimoniare la fede, chiedendo preghiere e sostegno per poter resistere e sperare.
In Nigeria, i sacerdoti e la comunità cristiana continuano a subire violenze e persecuzioni. Il rapimento di padre Afina e i nuovi massacri nello Stato di Benue raccontano un dolore che sembra non avere fine. La Chiesa resta accanto alle vittime e continua a chiedere sostegno, preghiera e giustizia.
La testimonianza di fede di padre Afina
«Mi hanno picchiato, ma ringrazio Dio di essere sopravvissuto». Con queste parole padre Alphonsus Afina, sacerdote della diocesi di Maiduguri, ha raccontato la sua drammatica prigionia durata 51 giorni nelle mani di Boko Haram.
Rapito il 1° giugno 2025 mentre viaggiava verso Maiduguri, è stato brutalmente malmenato, derubato e costretto a seguire i miliziani fino ai monti Gwoza. «Quel giorno siamo stati portati via in 14. Alcuni sono riusciti a scappare, altri sono stati uccisi: uno dei miei collaboratori è morto sotto i loro colpi».
Durante la detenzione, padre Afina ha subìto violenze così gravi da rischiare di perdere un occhio: «Per tre settimane ho avuto il volto gonfio e il sangue mi colava sulla spalla». La sua sofferenza è stata aggravata dai bombardamenti e dagli attacchi aerei che colpivano le zone dove i jihadisti tenevano i prigionieri.
«Da allora faccio fatica a dormire per la paura di essere colpito. Eppure, ho sentito la forza della preghiera di tanti: in un modo inspiegabile, la loro violenza nei miei confronti si è attenuata».

Sopravvivere alla prigionia e ritrovare forza nella preghiera
Liberato il 21 luglio, padre Afina ha ricevuto le cure necessarie. «Sono grato a Dio per avermi salvato in questa prova terribile», ha detto, ringraziando quanti hanno pregato per lui e coloro che hanno operato per la sua liberazione.
Nuovi massacri ai danni della comunità cristiana nello Stato di Benue
Mentre padre Afina tornava alla vita, altre comunità cristiane continuavano a subire atrocità. A Yelewata, nello Stato di Benue, l’11 agosto tre persone sono state uccise e altre tre gravemente ferite in un attacco attribuito a pastori Fulani. La cittadina, abitata per il 98% da cristiani, aveva già vissuto una strage nella notte del 13 giugno, quando 271 persone sono state massacrate con armi da fuoco e machete.
Padre Ukuma Jonathan Angbianbee, parroco di Yelewata, descrive una popolazione allo stremo: «La gente è traumatizzata. Donne e bambini hanno bloccato la strada per protestare: non si sentono sicuri, nemmeno con la presenza dell’esercito».
Secondo il sacerdote, «i Fulani arrivano con il bestiame, occupano i terreni agricoli e uccidono chiunque resista. Non vediamo altri aggressori, solo loro».
Alla domanda se si tratti di violenze con motivazioni religiose, padre Jonathan risponde:
«La situazione è complessa: ci sono motivazioni economiche e politiche, ma dal punto di vista ecclesiale è chiaro che è la Chiesa a essere colpita più duramente. Le nostre comunità vengono distrutte, le chiese attaccate, la gente costretta a fuggire. Da questo punto di vista, sì, è anche una persecuzione religiosa».

La fede cristiana che resiste nella prova
Nonostante la paura, la comunità cristiana di Yelewata non si arrende: «Non ha perso del tutto la fiducia. Continua a credere che Dio non l‘abbia abbandonata. Noi sacerdoti cerchiamo di annunciare il Vangelo, ma diventa sempre più difficile infondere speranza quando le violenze si ripetono». Padre Jonathan lancia un appello:
«Pregate per noi e per la pace in Nigeria. Chiediamo inoltre al governo di garantire finalmente la sicurezza, affinché la nostra gente possa sopravvivere e ricostruire la propria vita».
Aiuta chi continua a credere nella pace
Il rapimento di padre Afina e i massacri nello Stato di Benue sono il segno doloroso di una Chiesa che continua a vivere sotto attacco. Eppure, sacerdoti e comunità non smettono di restare accanto ai fedeli, anche nelle zone più colpite dalla violenza.