Diverse regioni congolesi sono teatro di conflitti armati che coinvolgono una costellazione sempre più ampia di gruppi ribelli, tra cui milizie terroristiche islamiste. Il numero di gruppi armati è cresciuto dalle poche decine del 2006, anno in cui sono state dispiegate per la prima volta le forze ONU, ai circa 120 attuali. Negli ultimi anni gli estremisti hanno preso di mira i luoghi di culto con crescente frequenza.
Gli attacchi in Nord Kivu: paura e angoscia per la popolazione
Lo scorso dicembre è stato un periodo difficile per la popolazione del Nord Kivu. Nella provincia, situata nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, i gruppi armati attivi vicino al confine con il Ruanda hanno seminato paura e angoscia.
Padre Marcelo Oliveira, missionario comboniano portoghese nel Paese da diversi anni, ha riferito ad ACS che le milizie intendono «massacrare la popolazione, prendere il controllo della terra e accaparrarsi le risorse naturali. Molte persone stanno fuggendo. Alcuni insediamenti sono diventati villaggi fantasma e la gente non riesce a procurarsi ciò di cui ha bisogno».

La minaccia dell’M23 in Congo e il ruolo del Ruanda
Lo scorso maggio il Nord Kivu era stato teatro del massacro di 14 giovani cristiani. Un video, diffuso dagli stessi carnefici appartenenti alle Allied Democratic Forces (Adf), descriveva il motivo dell’esecuzione, e cioè il loro rifiuto di convertirsi all’Islam. Ma la minaccia non proviene solo dalle Adf.
Padre Marcelo Oliveira incolpa in particolare uno dei gruppi armati, l’M23, i cui miliziani sarebbero sostenuti dal Ruanda. La formazione «continua a massacrare e torturare le persone che si spostano da un luogo all’altro», aggiunge il religioso. La confinante Angola ha cercato di mediare per arrivare a un accordo di pace, ma purtroppo non ha avuto successo. Il missionario ritiene che il Ruanda stia boicottando di proposito i vertici di pace. «L’ultimo incontro si sarebbe dovuto tenere il 15 dicembre, ma è stato cancellato perché il Ruanda non ha voluto partecipare. Cerca sempre dei motivi per non partecipare, e così la guerra continua all’infinito».
Ogni giorno circolano notizie di persone in fuga, di donne e bambini maltrattati. Tutto ciò genera uno stato di ansia costante che non si è placato neanche per Natale, un periodo durante il quale si concede una tregua. «Il Natale è normalmente il periodo della tranquillità, della pace, della gioia e della fraternità, della famiglia, ma per queste persone è stato un periodo molto difficile, di angoscia, di incertezza, di fuga, di paura per la mancanza della volontà politica di cambiare la situazione. Il problema non è la popolazione, ma il Ruanda, che continua a massacrare i congolesi per assumere il controllo del territorio e impossessarsi delle ricche risorse naturali».

Crisi umanitaria Congo: il dramma degli sfollati e il soccorso della carità
Si stima che, a causa dei conflitti armati, circa 1,7 milioni di persone siano sfollate nel Nord Kivu e oltre 7 milioni in tutto il Paese. ACS garantisce una presenza molto attiva nella Repubblica Democratica del Congo.
Nel 2023 (ultimo anno con dati definitivi), la Fondazione ha finanziato 251 progetti in 42 delle 48 diocesi del Paese, in particolare nelle regioni più trascurate. Gran parte di questo sostegno è andato alla formazione religiosa del clero e dei seminaristi, nonché al sostentamento dei sacerdoti soprattutto grazie alle offerte per la celebrazione di Messe secondo le intenzioni dei benefattori.
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