L’8 marzo celebriamo la forza, il coraggio e la resilienza delle donne. Ma mentre in molti Paesi si celebra la festa della donna, ci sono donne cristiane che vivono questa giornata nel silenzio della sofferenza, oppresse da violenze, soprusi e persecuzioni, principalmente per la loro fede.
Noi di Aiuto alla Chiesa che Soffre non possiamo restare in silenzio. Raccogliamo ogni giorno testimonianze di donne che vedono la loro libertà e dignità calpestate. Troppe volte queste storie vengono ignorate dai media e dalle istituzioni. Ma noi possiamo intervenire per dare conforto e restituire speranza.
Le loro storie non devono essere dimenticate
- Erin Shehata, 21 anni, studentessa di medicina, di cui abbiamo raccontato la sua storia nell’ultimo Eco Dell’Amore del 2024, è stata rapita mentre si recava all’università. La sua famiglia ha ricevuto una telefonata angosciante: Erin era trattenuta contro la sua volontà. Poco dopo, il suo nome è stato cambiato, la sua fede cancellata con un tratto di penna. Oggi, i suoi cari lottano contro il silenzio e l’indifferenza delle autorità.
- Huma Younus, rapita a soli 14 anni, è stata costretta a convertirsi e ha subito violenze indicibili. Incinta dopo gli abusi, ha implorato aiuto, ma la sua famiglia ha trovato solo porte chiuse e minacce. Il sistema giudiziario ha voltato le spalle a lei e a tante altre come lei. Ogni anno, migliaia di giovani cristiane vivono lo stesso incubo in silenzio.
- Maria Joseph (qui la sua testimonianza video), strappata alla sua famiglia quando aveva solo nove anni, ha vissuto per nove lunghi anni nelle mani di Boko Haram, subendo torture fisiche e psicologiche. Per aver rifiutato di sposare un capo terrorista, è stata rinchiusa in una gabbia per un anno intero. È riuscita a fuggire ed è stata accolta in un centro di riabilitazione sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre.
Ma non sono solo le giovani a soffrire. Tra le vittime ci sono donne consacrate, catechiste e madri di famiglia. Ranya Abd al-Masih, ad esempio, è stata rapita e costretta a convertirsi all’Islam. La sua storia, eccezionalmente, ha avuto un lieto fine, e Ranya ha potuto riabbracciare la sua famiglia.



Come sostenere le donne cristiane perseguitate nel mondo
Anche se queste tragedie accadono a migliaia di chilometri di distanza, non possiamo ignorarle. Ogni giorno, donne innocenti subiscono violenze atroci e discriminazioni inaccettabili, solo perché cristiane. Il loro dolore resta invisibile agli occhi del mondo, soffocato dal silenzio e dall’indifferenza.
ACS Italia le sostiene tramite numerosi progetti e offre loro una speranza concreta, un rifugio sicuro e un aiuto vitale per proteggerle e donare loro conforto.
Queste donne cristiane perseguitate saranno grate a quanti non le avranno dimenticate, non solo l’8 marzo.