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Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, è una regione ricca di risorse naturali che dal 2011 è teatro di violenze che costringono le popolazioni locali ad abbandonare le proprie case e mezzi di sussistenza

Dall’attacco a Mocímboa da Praia del 5 ottobre 2017, che ha segnato l’inizio delle violenze jihadiste nella regione, Cabo Delgado è sprofondata in una crisi umanitaria senza fine. Oltre 5.000 persone hanno perso la vita e più di un milione sono state costrette alla fuga.

La crisi umanitaria e il ruolo della Chiesa accanto alle comunità colpite

In questo scenario devastante di crisi umanitaria, la Chiesa cattolica non soltanto ha continuato a rimanere accanto alle vittime, ma si è anche distinta come forza proattiva per la pace, la riconciliazione e il sostegno concreto. Oltre al conforto spirituale, congregazioni religiose, istituzioni diocesane e ONG cattoliche hanno coordinato interventi di emergenza, costruito rifugi, distribuito cibo e acqua potabile e riaperto scuole per le comunità sfollate.

Gli operatori ecclesiali hanno inoltre fornito supporto psicologico, assistenza legale e accompagnamento alle vittime di rapimenti e violenze di genere, in particolare donne e bambini.

Il sostegno alle vittime della crisi umanitaria: protezione, istruzione e accompagnamento

Fra’ Boaventura, missionario brasiliano dell’Istituto dei Poveri di Gesù Cristo, ha raccontato: «Ho visto persone barbaramente massacrate; ho visto villaggi e sogni andare in fumo»

Ciononostante, ha aggiunto, queste persone, pur avendo perso tutto, hanno conservato ciò che nessuno può togliere loro: «la fede e la speranza in Dio».

Suor Núbia Zapata Castaño, carmelitana colombiana, è stata costretta a fuggire nel 2020 quando i terroristi hanno attaccato la cittadina di Macomia, dove guidava un progetto educativo.

«Sparano in aria e la gente fugge. Chiunque cada nelle loro mani rischia di essere ucciso o rapito», ha spiegato.

Nonostante il trauma, lei e la sua comunità sono presto tornate alla loro missione, concentrandosi sull’aiuto ai bambini sfollati per favorirne il ritorno a scuola.

Dialogo interreligioso e ricostruzione delle relazioni sociali

La Chiesa svolge un ruolo attivo nei processi di pace, nella risposta umanitaria e nella ricostruzione delle comunità. Nelle aree in cui lo Stato è assente o privo di credibilità, diventa un punto di riferimento, offrendo al tempo stesso guida morale e soluzioni pratiche di fronte al trauma, alle divisioni e alle perdite.

Le scuole cattoliche riaprono anche nei campi profughi per garantire continuità educativa, mentre tavoli interreligiosi vengono avviati per favorire il dialogo e la fiducia reciproca tra musulmani e cristiani.

Il quartiere di Mahate, considerato il cuore della comunità islamica nella città di Pemba, è al centro dell’opera del sacerdote spagnolo padre Eduardo Roca, impegnato in un intenso lavoro di dialogo interreligioso. «Negli anni, in questo quartiere musulmano dalla forte identità fondamentalista, abbiamo costruito una chiesa che oggi è segno di pace e luogo di accoglienza per tutti», afferma.

«So bene che ciò è possibile solo grazie alla fiducia della comunità locale, qualcosa che da parte mia richiede pazienza, ascolto, apprendimento, comprensione dei valori profondi delle diverse culture e dell’Islam, e un passo ulteriore: amarli».

Continuità della missione e sostegno alle comunità più fragili

L’impegno della Chiesa a Cabo Delgado dimostra come, anche nei contesti più segnati da violenze e instabilità, la vicinanza ai più vulnerabili possa diventare un segno concreto di speranza. L’accompagnamento alle vittime, la difesa dei più fragili, il dialogo e il sostegno educativo restano elementi centrali di una missione che si rinnova ovunque le comunità cristiane affrontino situazioni di pericolo e privazione.

Ma non c’è solo il Mozambico. ACS sostiene due progetti che continuano tale opera di aiuto e di presenza accanto ai cristiani perseguitati, offrendo un supporto concreto a chi oggi vive condizioni difficili. 

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