In un mondo attraversato da conflitti e crescenti tensioni, il bisogno di spazi di dialogo autentico e di rispetto reciproco è più urgente che mai. Per questo, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha preso parte al Meeting di Rimini 2025 attraverso l’intervento del direttore Massimiliano Tubani, relatore al convegno “Costruttori di dialogo, libertà religiosa e pace”.

Il suo contributo ha messo in evidenza quanto la libertà religiosa, minacciata in forme diverse in Occidente, nei regimi autoritari e nei Paesi dove vige la Sharia, è un indicatore fondamentale della dignità umana e va difesa attraverso il dialogo, la diffusione di informazioni e il sostegno concreto.

Di seguito è possibile leggere il testo integrale dell’intervento o, in alternativa, rivedere il discorso.

“Costruttori di dialogo, libertà religiosa e pace” di Massimiliano Tubani

Trent’anni fa San Giovanni Paolo II ci mise in guardia da una forma di limitazione della libertà religiosa meno evidente dell’aperta persecuzione. Il Pontefice si riferiva alla pretesa che una società democratica debba relegare nell’ambito delle opinioni personali le diverse convinzioni religiose e i conseguenti principi morali. A prima vista, notava, ciò sembra essere un atteggiamento di dovuta imparzialità e neutralità, l’unico approccio illuminato possibile in un moderno Stato pluralistico (1).

Mi chiedo: ci troviamo di fronte al migliore assetto possibile, oppure ci sono margini per giungere a un equilibrio più rispettoso delle diverse istanze, grazie al quale la libertà religiosa non sia limitata?

Idealmente la convivenza ben ordinata dovrebbe fondarsi sul principio che ogni essere umano è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente dalla sua stessa natura intelligente e libera (2). E se diritti e doveri scaturiscono da tale natura, non hanno necessità di trovare la loro fonte giustificava nel diritto positivo. Tra di essi vi è anche il diritto alla libertà religiosa, cioè alla naturale immunità, entro giusti limiti, da coercizione esteriore da parte del potere politico in materia religiosa (3).

Grazie a questo assetto ideale, singoli e gruppi, indipendentemente dalla cultura o dalla religione, e lo Stato nel suo insieme, potrebbero fondarsi su di una solida base condivisa, quella che chiamiamo diritto naturale.

Questo richiamo ai diritti naturali, tuttavia, non rappresenta affatto una prospettiva pacificamente condivisa, tutt’altro. Sembrerebbe anzi un pio, irrealizzabile desiderio. Benedetto XVI disse che l’idea del diritto naturale è ormai considerata una dottrina di cui, al di fuori dell’ambito cattolico, non si ritiene opportuno neanche discutere. Aggiunse che in Europa vasti ambienti riconoscono solo il positivismo come fondamento comune per la formazione del diritto, riducendo tutte le altre convinzioni allo stato di sottocultura (4). Questo approccio positivista, aggiungo io, può determinare quella emarginazione delle istanze religiose denunciata da San Giovanni Paolo II.

Il cammino quindi non è facile, ciononostante è necessario riaprire il dibattito pubblico sul diritto naturale. Proprio in uno Stato pluralistico, esso può diventare il terreno d’incontro tra culture e fedi diverse, un linguaggio comune capace di ridare respiro alla democrazia, affinché non resti prigioniera di una sterile procedura ma torni ad abbracciare tutta la ricchezza della vita reale, senza escludere il contributo religioso.

Allontaniamoci ora dai confini occidentali, e volgiamo brevemente lo sguardo ai sistemi politici autoritari.

Durante una recente conversazione mi è stato fatto notare che, nonostante la situazione dei cattolici delle nazioni governate da sistemi autoritari sia estremamente difficile, ci sono aree in cui i nostri fratelli nella fede possono liberamente partecipare alla Messa, senza essere disturbati. Almeno in queste zone la libertà religiosa non sarebbe lesa.

Difficile condividere tale valutazione, perché non si può ridurre la vita di una comunità cattolica alla, pur centrale e imprescindibile, partecipazione alla Messa. Tale partecipazione, infatti, può e deve rappresentare la necessaria premessa di ogni successiva attività, anche pubblica. La dottrina sociale della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita (5), e se un gruppo di cattolici locali decidesse di utilizzare i contenuti di tale dottrina per purificare la vita pubblica dalle tossine dell’ideologia, si porrebbe progressivamente in contrasto con il sistema politico autoritario, con conseguenze sanzionatorie o restrittive.

L’estrema difficoltà di operare in tali contesti, accentuata dalla notevole quantità di vincoli che li caratterizza, trova conferma, ad esempio, nelle caute e misurate indicazioni fornite da Papa Francesco ai cattolici della Cina: “Sul piano civile e politico, i Cattolici cinesi […] servano il proprio Paese con impegno e onestà […]. Sul piano etico […] sappiano offrire quel contributo profetico e costruttivo che essi traggono dalla propria fede […]. Ciò può richiedere a loro anche la fatica di dire una parola critica, non per sterile contrapposizione ma allo scopo di edificare una società più giusta, più umana e più rispettosa della dignità di ogni persona.” (6).

Dobbiamo essere consapevoli, aggiungo io, che in quelle nazioni “dire una parola critica” in molte occasioni implica una buona dose di eroismo.

Passiamo infine ai Paesi in cui viene applicata la Sharia, cioè il sistema di principi giuridici e morali derivato dal Corano e dalla tradizione del Profeta, applicato come base totale o parziale della legislazione civile e penale. Cito un solo profilo, cioè gli ostacoli alla costruzione di nuove chiese. Basti pensare, per fare un esempio emblematico, alla Nigeria settentrionale (7).

La difficoltà di costruire nuovi edifici di culto riflette ed evidenzia gli ostacoli all’apostolato. Questo è un grave problema perché la Chiesa è per sua natura missionaria (8). E affinché possa esservi missione deve essere garantita quella libertà religiosa in virtù della quale a nessuno venga impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza, privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata (9).

In Bahrein la Sharia, in base all’articolo 2 della Costituzione, rappresenta una fonte principale della legislazione (10). Nel 2021, nel territorio del regno, è stata consacrata la cattedrale di Nostra Signora d’Arabia, a servizio di tutti i cattolici della Penisola Arabica. Il sovrano ha donato 9.000 mq di terreno. I benefattori di Aiuto alla Chiesa che Soffre hanno finanziato varie fasi di questo importante progetto. È auspicabile che un’iniziativa tanto significativa possa essere presto replicata anche in altri Paesi in cui vige la Legge islamica, poiché segnali di apertura di tale portata avrebbero un valore straordinario.

Mi avvio alla conclusione. Abbiamo riflettuto su alcune limitazioni della libertà religiosa in Occidente, nei sistemi politici autoritari e nelle nazioni in cui si applica la Legge islamica. Non intendo ovviamente porre sullo stesso piano i fenomeni fin qui sommariamente richiamati; è tuttavia possibile affermare che ad ogni latitudine permangono ostacoli più o meno gravi.

Ovunque — nelle aule parlamentari democratiche, nelle piazze sorvegliate dai regimi autoritari, nelle strade dove una chiesa non può sorgere — la libertà religiosa resta un indicatore decisivo della tutela della dignità umana. Cosa fare per garantirla? In ambito occidentale, dobbiamo evitare di pensare che le sue limitazioni caratterizzino solo Paesi lontani da noi. È necessario interrogarsi criticamente sul rispetto di questo diritto anche all’interno delle nostre società. Facendo ciò, diventeremo più sensibili a quanto accade al di fuori dei confini occidentali, e acquisiremo maggiore autorevolezza, morale e politica.

Quanto alle nazioni mediorientali, africane, asiatiche e sudamericane afflitte da questo tipo di violazioni, dobbiamo diffondere informazioni e analisi affinché chi può intervenire lo faccia in modo appropriato; dobbiamo inoltre fornire sostegno spirituale e materiale, affinché chi soffre non si senta abbandonato.

Così facendo, come suggerisce il tema del Meeting richiamandosi a Eliot, saremo in grado di abitare tanti luoghi resi deserti e desolati, costruendo il presente e il futuro con mattoni nuovi (11).

 

Note 

Scopri l’ultimo evento #RedWednesday

Ogni anno, ACS illumina di rosso monumenti e luoghi simbolo per sensibilizzare sul tema della persecuzione dei cristiani. Scopri come il #RedWednesday continua a fare la differenza, coinvolgendo istituzioni e cittadini in tutto il mondo.

Leggi l'articolo