Dall’inizio della guerra in Terra Santa, scoppiata nell’ottobre 2023, i benefattori di ACS hanno donato oltre 1,2 milioni di euro destinati ad aiuti di emergenza per i cristiani della Terra Santa. I progetti sostenuti includono cibo, acqua e medicinali, nonché opportunità di lavoro e stage per aiutare la popolazione a ricostruire la propria vita tra le macerie del conflitto.

Il futuro dopo la guerra in Terra Santa
“Penso che il culmine della guerra a Gaza sia alle nostre spalle. Il cessate il fuoco con Hezbollah influenza anche Gaza e Hamas. La mia impressione è che nelle prossime settimane o nei prossimi mesi si arriverà a qualche compromesso“, ha dichiarato il Patriarca Pierbattista Pizzaballa durante una conferenza stampa organizzata da ACS Internazionale il 6 dicembre scorso.
Il Patriarca ha sottolineato che la fine dell’ostilità militare della Guerra in Terra Santa non rappresenta la fine del conflitto: “Quando l’operazione militare finirà, come sarà la vita a Gaza? Chi ci sarà? Ci vorranno anni per la ricostruzione e sono sicuro che il confine con Israele rimarrà chiuso; quindi, qual è il futuro di questa gente?“.
Ricostruzione in Terra Santa: oltre le infrastrutture
Il Patriarca ha denunciato l’attuale atmosfera di sfiducia, aggiungendo: “ciò che mi preoccupa è il livello di odio. Il discorso dell’odio, il linguaggio del disprezzo, la negazione dell’altro, sono molto problematici. Abbiamo avuto altre guerre in Terra Santa, ma c’è un prima e un dopo il 7 ottobre 2023, perché il tipo di violenza che ha avuto luogo e l’impatto emotivo sulle rispettive popolazioni è stato enorme. Mentre per gli israeliani, gli eventi sono stati una sorta di “Shoah”, per i palestinesi, quello che è successo dopo è considerato una nuova “Nakba”, il tentativo di espellerli dalla loro terra.”
Ma ricostruire non significa solo riedificare case e infrastrutture: “Quando la guerra finirà a Gaza, potremo ricostruire le infrastrutture, ma come potremo ricostruire le relazioni?” ha sottolineato il Patriarca.
Il Patriarca ritiene che i cristiani in Terra Santa, rappresentando l’1,5% della popolazione, abbiano una posizione privilegiata nella riconciliazione: “Poiché siamo così pochi e politicamente irrilevanti, abbiamo la libertà di entrare in contatto con tutti. Dove ci sono così tante ferite e divisioni, riuscire a interagire nuovamente è una delle principali missioni per il futuro“.
Unire le comunità cristiane in Terra Santa
Nonostante i cristiani in Terra Santa siano pochi e i cattolici di rito latino ancora meno, la varietà non manca. I cristiani di lingua araba costituiscono la maggioranza, ma c’è anche una piccola comunità di cattolici di lingua ebraica e un’altra di rifugiati e richiedenti asilo.
Il Patriarca riconosce che tenere insieme queste comunità è stato a volte difficile: “Mentre in questa guerra tutti lottano per dividersi, noi lottiamo per rimanere uniti. Non è stato facile, soprattutto all’inizio della guerra. Abbiamo una sola fede, ma le persone hanno visioni e idee diverse. Ora va molto meglio, ma dopo la guerra dovremo parlare delle nostre differenze e di cosa sia l’unità. Anche questo è qualcosa di molto salutare, per noi cristiani, ci aiuta a fare un passo avanti. Dobbiamo crescere nelle nostre relazioni, avere un rapporto più profondo e serio tra di noi».
Speranza in Terra Santa: un futuro possibile
Il Patriarca ha affrontato anche il tema della speranza in Terra Santa, sottolineando che non esistono soluzioni politiche a breve termine, ma che la speranza deve essere vissuta come un atteggiamento: “Se si identifica la speranza per il futuro con una soluzione politica, non c’è speranza, perché non c’è una soluzione a breve termine. Spero di sbagliarmi, ma temo di no. Tuttavia, la speranza è un atteggiamento di vita, un modo di vedere la realtà della propria vita con fede“.
«Forse non possiamo cambiare la situazione macro-politica, ma possiamo cambiare qualcosa nel luogo in cui ci troviamo, ed è questo che mi conforta», ha poi aggiunto il Patriarca.
Sostieni i cristiani della Terra Santa
La guerra in Terra Santa ha lasciato dietro di sé macerie fisiche e divisioni profonde. La ricostruzione non riguarda solo edifici e infrastrutture, ma anche il futuro delle comunità cristiane e la convivenza pacifica tra i popoli.
Il tuo aiuto è fondamentale non solo per aiutare i cristiani in Terra Santa, ma anche per molti altri progetti di ACS, come il sostegno ai seminaristi di Haiti, essenziale per ridare loro la speranza durante la forte crisi socio-politica del paese.