Nel 2023, tra gennaio e novembre, 23 sacerdoti, religiosi, suore e seminaristi sono stati rapiti in Nigeria. Tra questi, Padre Stephen Ojapah ha vissuto un incubo durato 33 giorni, sequestrato da terroristi che chiedevano il pagamento di un riscatto. Il suo racconto svela la dura realtà dei sacerdoti rapiti e dei cristiani perseguitati in Nigeria.

Il rapimento di Padre Stephen Ojapah e il dramma dei cristiani in Nigeria
Padre Stephen è stato tenuto in ostaggio per 33 giorni, in condizioni disumane, in una località remota nel nord-ovest del Paese. A fine maggio 2022, un gruppo di uomini armati lo ha sequestrato nel cuore della notte, mentre stava dormendo nella canonica della parrocchia cattolica di San Patrizio, nella diocesi di Sokoto.
Gli aggressori hanno catturato anche altre tre persone che si trovavano nell’edificio: il viceparroco, Don Oliver Okpara, e due ospiti, i fratelli Hassan e Ummie Hassan. I due si erano recati a Sokoto per partecipare al funerale di Deborah Samuel Yakubu, una studentessa cristiana lapidata a morte da coetanei musulmani per aver presumibilmente condiviso un messaggio considerato blasfemo in un gruppo WhatsApp.
Circa 15 estremisti sono entrati nella canonica e hanno obbligato Padre Stephen e gli altri a uscire con loro. Una cinquantina di altri terroristi li stava aspettando all’esterno e il gruppo si è incamminato per molti chilometri verso una foresta.
Padre Stephen ha dato le sue scarpe a un’altra prigioniera, la signora Hassan, e ha continuato il viaggio scalzo, su un terreno accidentato e pietroso. Hanno «viaggiato per due giorni» prima di raggiungere la loro destinazione: un campo di tende e capanne di fortuna.
Condizioni di prigionia e tentativi di conversione forzata
Al loro arrivo, sono stati «accolti a turno con un pesante giro di percosse», il primo di molti atti di tortura che avrebbero dovuto patire.
Padre Stephen ha poi incontrato altri quattro ostaggi – un pastore cristiano e tre membri della sua chiesa – catturati pochi giorni prima e tenuti in una delle capanne. I terroristi hanno poi incatenato insieme tutte le loro vittime per impedirne la fuga.
«Le lacrime continuavano a scorrere […]. Spesso rimanevamo senza cibo per l’intera giornata e bevevamo acqua molto, molto sporca» ha raccontato il sacerdote che ha menzionato molti altri esempi di “tortura fisica e mentale”, come percosse a cadenza regolare, fustigazioni, continui insulti verbali e tentativi di conversione degli ostaggi all’Islam.
Il rilascio dopo 33 giorni di prigionia
Dopo una lunga trattativa e più di 20 telefonate tra i rapitori e Padre Habila Samaila – un sacerdote della diocesi di Sokoto che stava già negoziando per il rilascio degli ostaggi – Padre Stephen e gli altri prigionieri sono stati liberati.
Il sacerdote si è successivamente sottoposto a due periodi di counselling. Nell’estate del 2022, poco dopo il suo rilascio, ha ricevuto cure per superare i traumi in un centro di recupero ad Abuja. A settembre dello stesso anno, a Kaduna, ha partecipato a un altro programma finalizzato a curarlo dal tormento psicologico che aveva sperimentato.
L’impegno per aiutare altri sopravvissuti a rapimenti e persecuzioni
Padre Stephen ha infine contribuito a fondare la O-Trauma Victims Initiative, un’organizzazione di supporto ai sopravvissuti a rapimenti e ad altre aggressioni fisiche del nord della Nigeria.
È arrivato a considerare il calvario patito come «un’opportunità unica per crescere e scoprire più profondamente il significato e lo scopo della vita».
Aiuta i cristiani perseguitati in Nigeria
Il caso di Padre Stephen Ojapah è solo uno dei tanti episodi di sacerdoti rapiti e perseguitati in Nigeria. La situazione nel paese è veramente tragica come testimoniano anche altri avvenimenti come la strage di Natale a Bokkos nel 2023 e le persecuzioni che hanno caratterizzato il Natale 2024.
Per approfondire la situazione e comprendere meglio la portata di questa tragedia, ti invitiamo a scaricare il rapporto completo “Perseguitati più che mai”. Inoltre, puoi sostenere i cristiani perseguitati attraverso i Doni di fede per permettere anche la ricostruzione della cappella dei domenicani in Nigeria.