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Punti chiave

  • La XVII edizione del RapportoLibertà religiosa nel mondo 2025” è uno studio biennale che monitora la libertà religiosa a livello globale. 
  • Due terzi dell’umanità (5,4 miliardi di persone) vivono in Paesi dove la libertà religiosa non è pienamente garantita.
  • Su 196 Paesi analizzati, 62 presentano gravi violazioni: 24 classificati come Paesi di persecuzione, 38 come Paesi di discriminazione.
  • Le cause principali della repressione religiosa sono Autoritarismo politico; Jihadismo e terrorismo islamista, soprattutto in Africa e Asia; Nazionalismo religioso e ideologie identitarie.
  • I conflitti e la criminalità aggravano la crisi della libertà religiosa.
  • L’Europa e il Nord America registrano crescenti episodi di vandalismo, profanazioni e aggressioni contro luoghi e ministri di culto.

ACS Internazionale presenta il XVII RapportoLibertà religiosa nel mondo 2025” e lancia l’allarme: autoritarismo, jihadismo e nazionalismi religiosi stanno erodendo un diritto umano fondamentale. In 62 Paesi si registrano gravi violazioni della libertà religiosa.

Libertà religiosa: un diritto fondamentale sotto assedio

La Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha presentato il 21 ottobre 2025 la XVII edizione del Rapporto biennale “Libertà religiosa nel mondo”, che analizza lo stato di questo diritto fondamentale nel periodo gennaio 2023 – dicembre 2024.

Il documento, frutto di una ricerca approfondita in 196 Paesi, rivela che oltre 5,4 miliardi di persone, cioè due terzi della popolazione mondiale, vivono in nazioni dove non esiste piena libertà religiosa. 

In 62 Paesi si registrano violazioni gravi: 24 classificati come “persecuzione” e 38 come “discriminazione”. Solo Kazakistan e Sri Lanka mostrano segni di miglioramento rispetto all’edizione precedente del 2023.

Autoritarismo: la minaccia globale più grave 

Il Rapporto individua nell’autoritarismo politico la principale causa della repressione religiosa nel mondo. In 19 dei 24 Paesi dove si parla di persecuzione e in 33 su 38 dove esiste discriminazione, i governi adottano strategie sistematiche per controllare o silenziare la vita religiosa.
Nazioni come Cina, Iran, Eritrea e Nicaragua impiegano strumenti di sorveglianza digitale, leggi restrittive e detenzioni arbitrarie per colpire le comunità di fede indipendenti. Il controllo della religione diventa così uno strumento di potere politico, esercitato attraverso una burocrazia della repressione sempre più sofisticata.

L’avanzata del jihadismo e del nazionalismo religioso

In 15 Paesi l’estremismo islamista è la principale causa di persecuzione, mentre in altri 10 contribuisce alla discriminazione. Il fenomeno è in continua espansione sopratutto in Africa e Asia.

Il Sahel emerge come epicentro del jihadismo, dove gruppi come lo Stato IslamicoProvincia del Sahel (ISSP) e JNIM hanno provocato centinaia di migliaia di morti, milioni di sfollati e la distruzione di chiese, scuole e intere comunità cristiane.

In Asia, il nazionalismo etnico-religioso alimenta la repressione della libertà religiosa delle minoranze. In India e Myanmar, le comunità cristiane e musulmane affrontano violenze, esclusione e limitazioni legali.

Il Rapporto sulla libertà religiosa definisce la situazione indiana come una “persecuzione ibrida”, dove la discriminazione legale si intreccia con aggressioni da parte di civili, incoraggiate dalla retorica politica.

Guerre, migrazioni forzate e criminalità organizzata 

La perdita della libertà religiosa è aggravata dai conflitti armati in Myanmar, Ucraina, Russia, Israele e Palestina, che hanno innescato una crisi di sfollamenti su larga scala.
In Nigeria, gli attacchi dei pastori Fulani radicalizzati hanno causato migliaia di vittime e la distruzione di intere comunità. Nel Sahel, in Burkina Faso, Niger e Mali, i miliziani islamisti hanno cancellato villaggi cristiani secolari; in Sudan, la guerra civile ha spazzato via una presenza cristiana antichissima.
Anche la criminalità organizzata diventa un nuovo fattore di persecuzione: in Messico e Haiti, gruppi armati rapiscono sacerdoti, estorcono denaro alle parrocchie e colpiscono i leader religiosi per consolidare il proprio potere territoriale.  

L’Occidente non è immune alla privazione della libertà religiosa

Il Rapporto evidenzia che anche l’Europa e il Nord America registrano una crescente ostilità verso la religione.

Nel 2023, la Francia ha contato quasi 1.000 attacchi alle chiese, la Grecia oltre 600 atti di vandalismo, e casi simili si sono verificati in Spagna, Italia e Stati Uniti: profanazioni, aggressioni al clero e interruzioni di celebrazioni liturgiche.

Gli attacchi del 7 ottobre 2023 e la guerra a Gaza hanno inoltre provocato un aumento drammatico di episodi antisemiti e anti-islamici. In Francia, gli episodi di antisemitismo sono cresciuti del 1.000%, mentre in Germania sono stati registrati 4.369 incidenti legati al conflitto, contro i soli 61 dell’anno precedente.

 Resilienza e speranza

Nonostante un panorama segnato da violenza e restrizioni, il Rapporto sulla libertà religiosa di ACS sottolinea la forza della fede e la resilienza delle comunità religiose.

In Mozambico e Burkina Faso, iniziative interreligiose dimostrano che la fede può essere strumento di riconciliazione e costruzione della pace.

“La libertà religiosa è il termometro di tutti gli altri diritti umani. Il suo declino segnala un più ampio collasso delle libertà fondamentali”, ha concluso Regina Lynch. 

Consulta il Rapporto completo

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