Nagorno-Karabakh: avanzano gli spettri del genocidio e della pulizia etnica
Nel Nagorno-Karabakh, a metà settembre 2023, gli armeni sfollati erano 36.000, mentre altri 120.000 vivevano in una condizione drammatica. Il blocco del “Corridoio di Lachin” da parte dell’Azerbaigian aveva infatti messo in pericolo i cristiani armeni residenti nell’area e soprattutto impedito che giungessero i beni essenziali per i bisogni primari. Anche le tensioni tra musulmani e cristiani si erano mantenute elevate e avevano comportato, oltre a numerose atrocità, la distruzione di molte chiese e altri luoghi sacri.
Dal conflitto al genocidio
Luis Moreno-Ocampo, già Procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI), nel Rapporto Genocide against Armenians in 2023 del 7 agosto 2023, trasmesso al Consiglio di sicurezza dell’ONU e alla stessa CPI, ha scritto senza mezzi termini che era in corso un genocidio contro i 120.000 armeni presenti nel Nagorno-Karabakh. Il magistrato ha usato l’espressione “genocidio” proprio perché erano state deliberatamente imposte condizioni di vita tese a provocare la distruzione fisica del gruppo di armeni. Lo strumento usato per conseguire l’obiettivo era ancora una volta la fame, come accadde, contro gli stessi armeni, nel lontano 1915.
La denuncia del Patriarca
Il Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, Raphael Bedros XXI Minassian, durante la celebrazione dell’anniversario della sua ordinazione sacerdotale, tenutasi il 24 giugno scorso a Napoli, riferendosi al Nagorno Karabakh aveva denunciato che «120mila esseri umani si trovano isolati, dopo che le autorità dell’Azerbaigian hanno deciso di bloccare l’unica strada che collega la regione all’Armenia e al resto del mondo: 120mila persone, tra cui anziani, donne e bambini, a cui viene negata la dignità di vivere». Tutto ciò, aveva aggiunto il Patriarca, nel «totale silenzio dei media, delle autorità internazionali e di chi oggi vuole far prevalere il profitto sui valori».
Un altro “paradiso” in cui scorre il sangue
Le notizie finora giunte testimoniano la coerente prosecuzione del progetto di distruzione di un’intera popolazione. Lo scorso 19 settembre l’Azerbaigian ha infatti avviato un’operazione militare per la conquista del Nagorno Karabakh. Il giorno successivo il Presidente azero Ilham Aliyev l’ha dichiarata conclusa avendo raggiunto l’obiettivo, cioè la resa delle «unità armene illegali», come affermato in un discorso televisivo alla nazione. L’Azerbaigian, ha aggiunto il Presidente, ha riconquistato la piena sovranità sull’area, con l’intento di trasformarla in un “paradiso”. Il 21 settembre l’ambasciatore armeno Andranik Hovhannisyan, rivolgendosi al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, ha fornito qualche informazione sul concetto azero di “paradiso”. L’Azerbaigian sta attuando una «pulizia etnica» e sta commettendo un «crimine contro l’umanità. Questa non è una semplice situazione di conflitto, è un vero e proprio crimine contro l’umanità e dovrebbe essere trattato come tale», ha affermato il diplomatico. Il 29 settembre erano già arrivati in Armenia quasi 90.000 rifugiati provenienti dal Nagorno-Karabakh. Nei pressi di Stepanakert, lo stesso giorno, si contavano almeno 170 morti e circa 70 feriti per l’esplosione di un deposito di carburante.
Aiuto alla Chiesa che Soffre è particolarmente vicina alle vittime di questa ingiustificata aggressione, in particolare ai cristiani armeni. Ancora una volta, un’intera comunità rischia lo sterminio.