India. Una casa per le Clarettiane

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Nel nord dell’India, la Chiesa è ancora giovane, poiché dal 1890 non sono arrivati missionari in questa zona. Attualmente la regione conta 15 diocesi, anche se estesi territori rendono difficile l’accesso: molti villaggi sono sulle montagne, circondati da una fitta jungla e in molti luoghi non ci sono strade, ma sentieri stretti e fangosi. Inoltre, i ponti per attraversare i fiumi, che crescono durante la stagione delle piogge, sono mal ridotti e gli animali e gli animali selvatici sono spesso un pericolo per la gente. A ciò si deve aggiungere gli spostamenti della terra, i terremoti e le abbondanti precipitazioni. La maggior parte della popolazione appartiene a differenti minoranze etniche. In questa zona si parlano molte lingue differenti e convivono molte tradizioni e culture diverse.   L’ordine delle Clarettiane arrivò nel 1984 nel nordest dell’India e, ad oggi, ci sono 13 comunità di religiose che assistono 304 villaggi. Le religiose lavoranno in 42 scuole e gestiscono 14 case per alunni provenienti da villaggi lontani che mancano di scuole. Inoltre, dirigono 5 ambulatori.     Dal 2004, le Clarettiane  sono presenti anche a Ziro, nello Stato di Arunachal Pradesh. Qui insegnano nel Collegio di San Claret e si occupano di 80 alunni in una delle loro residenze, così come dei malati, dei bambini e dei giovani. Inoltre, dedicano molti sforzi alle donne, che si trovano ad un livello inferiore all’interno della società e a causa del quale sono discriminate. Nei primi anni, le religiose vivevano con i loro alunni. Tuttavia, necessitavano di una casa nella quale condurre una vita conventuale: avevano bisogno di uno spazioper la preghiera, per lo studio, per poter accogliere gli invitati e per condurre la loro vita comunitaria.     Aiuto alla Chiesa che Soffre aiutò a costruire un convento con 20.000 euro e l’ordine ringraziò così i nostri benefattori: “Preghiamo umilmente il Signore che li benedica e che ripaghi tutti coloro che hanno contribuito alla costruzione del convento. In nome di tutti i missionari clarettiani, del Collegio di San Claret e delle Clarettiane, voglio ringraziarli per il loro generoso aiuto e sostegno”.     

India. Un depuratore per il seminario maggiore di Barrackpore

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Il seminario dell’Astro Nascente è il poetico nome del seminario maggiore di Barrackpore nel Bengala Occidentale. Il suo bel nome ricorda la Vergine Maria, che spesso è paragonata all’Astro Nascente. Qui si preparano 200 giovani di 30 diocesi indiane e 6 congregazioni per l’ordinazione sacerdotale e, benché appartengano a differenti etnie, formano una grande famiglia.   Preparano i seminaristi alle numerose sfide che affronteranno come sacerdoti cattolici, poiché l’India è un paese nel quale convivono culture, religioni e lingue totalmente diverse. Per questo motivo, i sacerdoti non solo necessitano di una formazione teologica e religiosa solida, ma devono essere preparati anche a capire la gente con le loro differenti tradizioni. Devono padroneggiare, oltre alla loro lingua madre e all’inglese, le altre lingue parlate in India per poter conversare con la gente ed ascoltarla. Anche l’uso dei mezzi di comunicazione moderni fa parte del piano d’insegnamento, affinché la Chiesa possa portare, in questo modo, la Buona Novella alla gente.   Da un’altra parte, in questo seminario si da molta importanza ad una forma di vita semplice ed umile e anche all’impegno sociale: una volta alla settimana, i futuri sacerdoti si recano in una casa per anziani, in un lebbrosario o in un ospedale per assistere  e consolare le persone malate ed abbandonate e per comprendere la sofferenza.   Molti di questi futuri sacerdoti saranno inviati nelle zone trascurate del nord e del nord est dell’India, dove i membri cattolici delle minoranze etniche desiderano riceverli. Qui le condizioni di vita sono dure, per questo i seminaristi si preparano, già durante la loro formazione, con il lavoro fisico nei campi e in casa. Infatti, il seminario comprende dei campi di riso e gli studenti sono responsabili anche della pulizia e del mantenimento del seminario.   Il rettore, padre Franklin Menéndez, ci scrive: “I seminaristi devono imparare a vivere in prima persona la dolorosa condizione di povertà, ingiustizia e analfabetismo così estesa nella regione. Il seminario forma sacerdoti missionari capaci di portare Cristo nelle comunità locali, ad adattarsi alla loro vita e a giungere ad uno stile di vita che coincida con quello della gente”.   Ma per i futuri sacerdoti indiani è importante anche capire bene le altre religioni e arrivare ad un dialogo rispettoso e fecondo con i loro membri ed i loro capi. In previsione del fatto che in India si registrano frequenti attacchi violenti contro i cristiani, questi sforzi possono stimolare la convivenza pacifica nella società. Ma questo seminario aveva un grande problema: l’acqua era di pessima qualità. Per questa ragione i seminaristi si ammalavano; alcuni perdevano anche i capelli, poiché l’acqua non conteneva solamente batteri ma anche sostanze chimiche dannose.    Per questo il seminario necessitava urgentemente di un depuratore e i benefattori di Aiuto alla Chiesa che Soffre destinarono a questo scopo 8.000 euro.

INDIA. Sostegno ai catechisti nel nord est del Paese

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Dal 2005 questa località, situata vicino al parco nazionale di Namdapha nello Stato di Arunachal, è la sede della diocesi che porta lo stesso nome. Il padre salesiano George Pallipparambil è il primo vescovo di questa diocesi non troppo estesa –  ma densamente popolata – che conta 80.000 cattolici. Secondo quanto ci spiega il Vescovo Pallipparambil, la popolazione vive di agricoltura, o piuttosto, sopravvive alle piogge monsoniche e all’erosione del suolo che spesso distruggono i raccolti.   Aggiunge che i settori dell’educazione e della sanità sono sottosviluppati e che scarseggiano i centri medici e le cure. Molti muoiono di malattie curabili: influenza, tubercolosi e malaria. Il salesiano calcola che un 2% non  supera i 40 anni di età. Il 90% della popolazione sono contadini che non hanno il denaro per mandare i loro figli a scuola o che gli necessita per lavorare a casa. Inoltre, spesso, la scuola è troppo lontana.   Malgrado queste dure condizioni di vita, la gente è allegra e ottimista; soprattutto i cristiani. La diocesi ha esteso la sua missione alle 22 parrocchie nelle periferie. Secondo il Vescovo Pallipparambil, la globalizzazine non può sdradicare la fame della gente della Parola di Dio. “Dio quì ci ha benedetto con molta gente che Lo accetta. Stiamo crescendo e, in molti viillaggi, abbiamo eretto cappelle. Contiamo ogni volta più sacerdoti e religiose e, specialmente con la crisi, i laici sono più attivi che mai”, ci racconta e aggiunge: “ Siamo una Chiesa di laici”. E specifica che la rapida crescita della diocesi si deve anche all’impegno dei 150 catechisti.    Il Vescovo vuole che “Attraverso il duro lavoro dei nostri catechisti, sempre più gente si avvicini a Dio”. I catechisti si riuniscono una volta la mese per scambiarsi delle esperienze, pregare insieme e pianificare le loro attività. Questi incontri sono molto positivi per alcuni catechisti che lavorano, praticamente, come volontari, poiché percepiscono solamente una piccola retribuzione. Per questo motivo, Mons. Pallipparambil vuole offrirgli dei corsi di formazione permanente, tra cui di introduzione alla Teologia.   Il vescovo ha riposto le sue speranze  nell’appoggio di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha deciso di destinare 4.300 euro a questa causa.