Costruiamo insieme una chiesa a Kasabasa, in Orissa

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  UNA DATA CHE IN INDIA NESSUN CRISTIANO PUÒ DIMENTICARE Il 25 agosto 2008 fu il giorno del più feroce attacco contro i Cristiani mai avvenuto in India. Tutto cominciò due giorni prima, esattamente la sera del 23 agosto, quando, in circostanze misteriose, fu ucciso a Jalespata, nello Stato di Orissa, il leader indù Swami Laxmanananda Saraswat. Nonostante la Chiesa avesse condannato immediatamente l’omicidio, al grido di «sono stati i cristiani!» cominciò l’inferno. Oltre 56.000 persone furono costrette a fuggire nella giungla, mentre i fondamentalisti indù, nella quasi indifferenza della polizia, incendiavano 5.600 case e distruggevano 295 chiese. Chi non riuscì a scappare fu bruciato vivo, fatto a pezzi, ucciso a sassate. La caccia al Cristiano fu feroce: ne vennero trucidati oltre 100. «LA PERSECUZIONE NON CI SEPARERÀ MAI DA CRISTO» Nella parole di monsignor John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, capoluogo dell’Orissa, c’è il ricordo di quei giorni terribili e la fierezza della sua gente di essere rimasta cristiana: «I fedeli che incontro mi dicono che se c’è una cosa che i persecutori non possono fare, è quella di riuscire a separarli da Gesù. In quei giorni terribili, ai mariti venne domandato di fronte alle proprie mogli: “Rinunci alla tua fede?”. Essi risposero con coraggio: “No, fate di me ciò che volete”. Dopo, fu la volta delle mogli alle quali fu chiesto: “Vedete cosa è accaduto ai vostri mariti? Se non rinunciate alla vostra fede, affronterete la stessa morte”. Ma esse risposero: “Se mio marito può affrontare tutto questo, perché non io? Fate di me quello che volete. Io non rinuncerò a Cristo”». OGGI DA KASABASA CI SCRIVONO CHE «È ARRIVATO IL MOMENTO DI COSTRUIRE UNA CHIESA» «Sotto il sole e sotto la pioggia: ogni giorno la gente guarda il cielo per sapere se riuscirà a partecipare alla Messa», ci ha scritto padre Santosh Singh, parroco a Bamunigam, a cui appartiene il villaggio di Kasabasa. Manca una chiesa e la Messa si celebra all’aperto. Quando comincia la stagione delle piogge monsoniche, diventa impossibile anche raggiungere a piedi la chiesa più vicina che dista sei chilometri. Per costruire una chiesa, tutta la comunità di Kasabasa è stata chiamata a raccolta: chi ha una seppur piccola entrata dal lavoro nei campi sta già donando un contributo dalla sua paga e chi non può farlo si è iscritto nella lista dei “muratori volontari per la Casa del Signore”.