I martiri per mano dell’ISIS ora simbolo dell'amicizia tra ortodossi e cattolici

Nel 2015, quando furono assassinati in Libia sulla spiaggia di Sirte dai terroristi del sedicente Stato Islamico, 20 cristiani egiziani e un cristiano ghanese divennero simboli della feroce persecuzione che i musulmani radicali stavano infliggendo ai discepoli di Gesù in tutto il Medio Oriente. Ora, otto anni dopo, sono diventati simbolo dell'ecumenismo e dell'amicizia tra la Chiesa cattolica e la Chiesa copta ortodossa, ufficialmente separate da oltre 1.500 anni. 
Venti dei nuovi martiri erano noti per essere copti ortodossi. L'affiliazione religiosa del ventunesimo, originario del Ghana ma rapito contemporaneamente agli egiziani, non è mai stata accertata, anche se il suo nome, Matthew, indica che probabilmente è stato allevato come cristiano. A conferma di ciò si è appreso che, dietro richiesta dei carnefici, ha confermato loro di essere cristiano e non musulmano.

Dalla sabbia libica al Martirologio Romano
Lo scorso maggio, durante la visita a Roma del capo della Chiesa copta ortodossa Papa Tawadros II, Papa Francesco ha affermato: «Non ho parole per esprimere la mia gratitudine per il dono prezioso di una reliquia dei martiri copti uccisi in Libia il 15 febbraio 2015. Questi martiri sono stati battezzati non solo nell’acqua e nello Spirito, ma anche nel sangue, un sangue che è seme di unità per tutti i seguaci di Cristo. Sono lieto di annunciare oggi che, con il consenso di Vostra Santità, questi 21 martiri saranno inseriti nel Martirologio Romano come segno della comunione spirituale che unisce le nostre due Chiese. Possa la preghiera dei martiri copti, unita a quella della Theotokos, continuare a far crescere nell’amicizia le nostre Chiese, fino al giorno benedetto in cui potremo celebrare insieme allo stesso altare e comunicare allo stesso Corpo e Sangue del Salvatore, «affinché il mondo creda» (Gv 17,21)!». I Martiri della Sirte saranno celebrati il 15 febbraio, data della loro morte, in entrambi i calendari.

«La loro morte ci riempie di orgoglio»
Gli uomini furono rapiti all'inizio del 2015 dall’ISIS in Libia, dove stavano lavorando. Hanno avuto molteplici opportunità di rinunciare alla fede cristiana per salvare le loro vite. «Abbiamo pregato per 14/15 giorni affinché non rinunciassero alla loro fede. In effetti, avrebbero potuto convertirsi all'Islam e quindi salvarsi la vita. Tuttavia, hanno scelto Gesù sapendo che ciò avrebbe comportato la morte», raccontò Mons. Paphnutius, Vescovo di Samalout, la diocesi nativa della maggior parte dei martiri, nel corso di una visita in Egitto effettuata da una delegazione di ACS nell'ottobre 2015. «Da Alessandria ad Assuan, in tutto l'Egitto, i cristiani sono stati rafforzati nella loro fede. Anche i musulmani di tutto il mondo ci hanno detto che sono orgogliosi; dicono che i nostri martiri hanno dimostrato che noi egiziani siamo molto forti. La loro morte riempie di orgoglio tutti noi, cristiani e musulmani».     

In una più recente intervista ad ACS, la madre di due dei martiri, Samuel e Beshoy, rispettivamente di 22 e 24 anni, ha affermato: «Sono la madre dei martiri, sono orgogliosa di loro. Intercedono per me e per il loro padre in cielo». Chiedendo di essere identificata come "madre dei martiri", ha detto che sta pregando per i seguaci dell'ISIS, invitando «Dio a dare loro la luce e ad aprire i loro occhi alla verità e al bene». 

Il santuario egiziano dedicato a questi martiri custodisce documenti di miracoli attribuiti alla loro intercessione. Il suo custode, Padre Abu Fanus Unan, ha detto ad ACS che molte persone sono state battezzate e sono diventate cristiane grazie al loro esempio. «La Chiesa copta sopravvive grazie al sangue dei suoi figli», ha aggiunto il sacerdote.