BOSNIA-ERZEGOVINA. Costruzione di una chiesa a Sarajevo

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All’indomani della recente guerra che ha segnato la fine della Yugoslavia – e che è costata la vita a circa 250.000 persone -, la ripartizione post-bellica del territorio sancì che circa 2milioni di persone dovessero forzatamente abbandonare la propria terra e la propria casa. Numerosi conventi, chiese, case parrocchiali ed edifici di culto vennero deliberatamente distrutti. In molte zone sono ancora ben visibili queste “ferite di guerra” e soprattutto per i cattolici – che sono di etnia croata –  le difficoltà non sono ancora terminate: costoro cercano il più possibile di resistere e far rispettare, in un contesto di crescente islamizzazione, i propri diritti come cittadini e come cattolici.   La ripresa della vita ecclesiale è molto difficile non solo perché la ricostruzione di chiese e centri parrocchiali costa molti soldi, ma anche perché è fortemente ostacolata dalle autorità locali; anche la comunità internazionale sembra aver abbandonato i cattolici a se stessi. Nessuna difficoltà ha invece trovato la costruzione, con denaro proveniente in Bosnia-Erzegovina dall’Arabia Saudita, di 200 nuove moschee.   Le chiese cattoliche, a causa del regime comunista, erano poco numerose già prima della guerra. Se poi si pensa al fatto che durante il conflitto esse sono state distrutte, ben si comprende come la situazione attuale nella quale versano i nostri fratelli cattolici sia drammatica. Solo a Sarajevo ciò significa che l’attività pastorale è vittima di una grande precarietà e vi è mancanza di chiese in interi quartieri residenziali di recente costruzione. Nel quartiere di Dobrinja, dove nel 1997 i francescani  fondarono una parrocchia e dove vivono diverse famiglie cattoliche, la cappella, una mensa per i poveri e gli uffici parrocchiali sono stati installati in un bunker sotterraneo. In queste condizioni la comunità dei fedeli ha incontrato molte difficoltà nella propria crescita. Infatti all’interno del bunker c’è spazio solo per 100-150 credenti, e molti non riescono a recarvisi perché fortemente traumatizzati dai ricordi di guerra e, dunque, dagli spazi opprimenti ed angusti. Nonostante tutto, nel corso degli anni la parrocchia si è arricchita di molte giovani famiglie cattoliche che si sono trasferite in questo quartiere: infatti dal 2008 il numero dei fedeli è salito a circa 800 (passando da 256 famiglie a 300). Una ulteriore prova della vivacità di questa parrocchia è il fatto che fin dalla sua fondazione, nel 1997, è stata culla di 3 vocazioni sacerdotali.   Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sostenuto fin dal principio la costruzione della nuova chiesa e della casa parrocchiale, e continuerà a sostenerla anche quest’anno donando altri 30.000 euro.