BOSNIA. Costruzione di un centro giovanile a Sarajevo

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  Il P. Simo Marsic, direttore del centro, dice: “Questo centro tende ponti di comprensione e riconciliazione in Bosnia e, con esso, anche ponti tra Bosnia ed Europa”.   Quì la guerra che si sollevò tra il 1992 e il 1995 in Bosnia-Erzegovina, ha lasciato delle ferite: degli 835.000 cattolici che vivevano prima della guerra in questa zona della ex Yugoslavia, ne rimangono solamente 450.000.   L’Islam si estende e, ovunque, sorgono nuove moschee. Molti cattolici non hanno prospettive perché , spesso, sono discriminati nell’ambiente di lavoro. Molti emigrano, persino 17 anni dopo la fine della guerra, perché si sentono discriminati.   La Chiesa è, per i credenti che rimangono, un importante supporto. Inoltre, la Chiesa Cattolica promuove la convivenza pacifica e la riconciliazione della differenti etnie e gruppi religiosi.     Il P. Marsic spiega: “Soprattutto i giovani cattolici della Bosnia-Erzegovina hanno bisogno di essere sicuri di sentirsi a casa  loro quì, e questa sicurezza la raggiungono quando conoscono e vivono la loro fede e la loro identità”.   Da alcuni anni, il centro organizza campi estivi, laboratori ed incontri con persone che pensano diverso; nei quali partecipano annualmente circa cinque mila giovani. I giovani entrano in contatto con il centro attraverso le scuole, le parrocchie e le reti sociali di internet. Mediante una lettera mensile e contatti personali con i collaboratori del centro, si mantiene in piedi il contatto dei giovani con il centro e tra loro stessi, che permette  di “costruire una rete di persone che desiderano la riconciliazione e un futuro migliore”, usando le parole di P. Marsic.     Le attività già si portano avanti, ma al centro manca ancora un edificio proprio. Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene la costruzione con 100.000 euro, perché la considera una svolta importante nel futuro della Chiesa in Bosnia.