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Il Myanmar è una delle nazioni più complesse e diversificate dell’Asia, caratterizzata da un intreccio di identità etniche e religiose che condizionano profondamente la vita politica. Il Paese riconosce ufficialmente oltre 135 gruppi etnici distinti.

La maggioranza bamar costituisce circa il 68% della popolazione e risiede prevalentemente nelle regioni centrali. Accanto ad essa vivono numerose minoranze etniche e religiose, tra cui kachin, chin, karen, shan, rakhine, mon e altre comunità, mentre alcuni gruppi, come i rohingya, non godono di riconoscimento ufficiale e non hanno accesso alla cittadinanza.

Il Buddismo Theravada
è praticato dalla maggioranza bamar e da alcune minoranze, raggiungendo complessivamente circa l’88% della popolazione. Le comunità cristiane, costituite in particolare da kachin, chin, kayah (karenni) e karen, rappresentano circa il 6%, mentre i musulmani, in gran parte rohingya dell’Arakan, costituiscono intorno al 4%. Piccole comunità continuano inoltre a praticare l’Animismo e l’Induismo.

Attori politici: lo Stato, l’esercito, l’opposizione e le loro dinamiche

Il panorama politico del Myanmar è altrettanto articolato, modellato da diversi attori e istituzioni. Lo Stato, fortemente centralizzato, si fonda sull’identità bamar-buddista. Il Tatmadaw, ovvero le forze armate del Myanmar, rappresenta l’attore politico dominante fin dall’indipendenza dal Regno Unito nel 1948, giustificando il proprio potere con la necessità di difendere la “unità nazionale” contro presunti separatismi etnici e settari. Ciò ha sistematicamente favorito l’identità Bamar-buddista, guardando con diffidenza alle altre identità etniche e religiose.

I movimenti pro-democrazia, come la Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), hanno sfidato il potere militare, ma spesso hanno evitato di affrontare temi delicati quali l’autodeterminazione etnica, i diritti delle minoranze etniche e religiose o gli abusi perpetrati dai militari contro gruppi come i rohingya e i kachin.

dentità etniche e religiose: il triangolo del Myanmar

 La crisi politica dopo il colpo di Stato del 2021

Il colpo di Stato del febbraio 2021, con cui il Tatmadaw ha rovesciato il governo civile guidato dalla NLD, ha cancellato i progressi democratici e innescato una rivolta nazionale, che ha unito protesta civile e resistenza armata.

In alternativa alla giunta militare, vari attori politici ed etnici hanno formato il Governo di Unità Nazionale, mentre civili hanno dato vita a nuove milizie, le Forze di Difesa Popolare, iniziando a collaborare con gruppi armati etnici attivi da tempo.

Identità etniche e religiose: gruppi, emarginazione e ribellione

Molte minoranze etniche hanno sviluppato proprie strutture come forma di resistenza all’esclusione politica e culturale e alla discriminazione sistematica.

Le Organizzazioni Armate Etniche (Ethnic Armed Organisations – EAOs), che rappresentano diverse comunità e includono una leadership politica, sono nate per garantire forme di autogoverno nei rispettivi territori. Tra queste si annoverano: 

  • Kachin Independence Army
  • Chin National Front
  • Karen National Union
  • Arakan Army

Tutti questi gruppi sono coinvolti in lunghi conflitti per ottenere autonomia, riconoscimento e la salvaguardia di identità etniche religiose distinte, che comprendono lingua, religione e tradizioni culturali.

Religione e identità: tra controllo politico e tensioni sociali

In alcuni casi, la componente religiosa è centrale: molti kachin, ad esempio, sono cristiani, e la loro lotta riflette al tempo stesso rivendicazioni etniche e oppressione religiosa.

Il Buddismo rimane un pilastro dell’identità nazionale bamar ed è storicamente legato all’autorità statale. Il Sangha (clero buddista) è in larga misura sottoposto al controllo governativo, mentre gruppi ultranazionalisti come Ma Ba Tha, sebbene ufficialmente sciolti, mantengono influenza, alimentando sentimenti anti-islamici e ostilità verso le minoranze religiose.

La loro presenza ha contribuito in modo significativo all’acuirsi delle tensioni e della violenza religiosa. La giunta militare ha strumentalizzato la religione per consolidare il proprio potere, promulgando le “Leggi per la Protezione della Razza e della Religione”, volte a limitare conversioni e matrimoni interreligiosi.

Le minoranze religiose come voce di resistenza

Il Cristianesimo, al contrario, ha rappresentato una fonte di resilienza per minoranze etniche e religiose come chin, kachin e karen, fungendo da simbolo di resistenza, dedizione e servizio. Le Chiese offrono spesso aiuti umanitari all’intera popolazione, configurandosi come alternativa concreta alla narrazione dominante.

I musulmani, in particolare i rohingya, subiscono marginalizzazione, privazione dei diritti civili, discriminazioni sociali e violenze, alimentate da dinamiche storiche.

Intersezioni e tensioni all’interno del triangolo

In Myanmar, le identità etniche e religiose sono spesso inseparabili e si riflettono direttamente in ambito politico.

La leadership kachin si identifica frequentemente con il Cristianesimo e ricopre un ruolo tanto militare quanto politico; nel caso dei rohingya, invece, l’appartenenza etnica è strettamente connessa all’Islam.

Nell’agosto 2024, almeno 200 civili rohingya sono stati uccisi nel massacro del fiume Naf, avvenuto durante gli scontri tra l’Arakan Army e il Tatmadaw.

Le minoranze etniche e religiose, in particolare cristiani e musulmani, sono regolarmente represse e accusate di separatismo. La violenza statale viene spesso giustificata attraverso una retorica nazionalista. Persino monaci buddisti critici nei confronti del regime, come il Venerabile Bhaddanta Muninda Bhivamsa, ucciso nel giugno 2024, sono stati perseguitati, a dimostrazione del fatto che il controllo governativo si estende anche sulla religione maggioritaria.

Dall’inizio del colpo di Stato, oltre 200 edifici religiosi sono stati distrutti, tra cui la cattedrale di San Patrizio e il centro pastorale cattolico di San Michele a Banmaw nel 2025.

Le alleanze tra le forze di opposizione restano fragili, mentre il regime sfrutta diffidenze e pregiudizi per accentuare le divisioni esistenti. L’impatto del conflitto in atto sulla libertà religiosa è particolarmente grave. Nonostante le garanzie costituzionali, le minoranze percepite come minacce subiscono discriminazioni sistematiche. Violenze, repressione e sfiducia reciproca continuano a impedire la costruzione di una cittadinanza basata sull’uguaglianza dei diritti.

Identità etniche e religiose e la libertà religiosa in Myanmar

Il Myanmar continua a essere un territorio dove l’intreccio tra identità etniche e religiose condizionano profondamente la vita politica. Per saperne di più sulle realtà nel mondo dove la libertà religiosa è limitata, puoi consultare il nostro nuovo “Rapporto sulla libertà religiosa 2025″.

Aiuto alla Chiesa che Soffre continua a sostenere progetti in favore delle comunità perseguitate, affinché la difesa della libertà religiosa possa contribuire al riconoscimento e alla tutela delle identità etniche e religiose. Ecco due progetti che puoi sostenere con le tue donazioni:

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